Se una caratteristica si può evidenziare nella pittura di Cesare Bruno questa è appunto l’equilibrata presa di coscienza della realtà e la traduzione, in termini di una limpidità cartesiana, dei problemi dell’uomo. Uomo del quale Cesare Bruno non deve avere poi una gran bella opinione dal momento che, per narrarne le storie, si avvale di simboli: le seggiole che appaiono tutte e sempre vuote. Mai un personaggio, né uomo né animale, che ci stia
seduto sopra: esse, inoltre, hanno schienali altissimi, importanti e prestigiosi. Ora sono affondate, un po’ sbieche e forse non perfettamente integre, in un terreno sabbioso e mobile che pare inghiottire inesorabilmente;ora invece siedono a congresso con tutta la tronfia ottusità che è dato riscontrare in certe inutili accademie. Il fatto che Cesare Bruno dipinga in chiave simbolica e, a tratti, metafisica, che i suoi personaggi non abbiano fattezze umane,non è certo un pretesto o un modo di voler essere originale.
No. È l’indice, il più significativo, del profondo rispetto che egli nutre, anche se quotidianamente disgustato, per le Vicende individuali e sociali che ci travagliano, per la dignità umana. Certo non oserebbe (anche se questa presa di posizione etica è probabilmente celata nel profondo abisso del suo inconscio) dipingere degli uomini nelle stesse situazioni in cui liberamente e severamente ritrae le sue seggiole. La seggiola è un alibi, un modo di mettere alla gogna i «cattivi» senza intaccare l’onorabilità dei «buoni». Il discorso di Cesare Bruno è rivolto a quanti lo vogliono e lo sanno capire. È un discorso serio, filosofico e sociale. Un discorso che, partendo dalla constatazione di una determinata realtà non sempre commendevole, apre tuttavia delle prospettive di speranza. Perché il prendere coscienza è il primo fondamentale necessario passo per chi voglia percorrere la via della redenzione o del rinnovamento.
(Adele Menzio)
In Cesare Bruno colpisce questa logicità, questo riuscire, attraverso la figurazione, ad essere astratto; questo saper enunciare postulati e principi con una serie di immagini, emblematiche è vero, ma pur sempre concrete e riconoscibili che, tuttavia, nulla hanno a che vedere con il concetto normalmente legato alla "cosa" che esse rappresentano.
Si vedano ad esempio le tele rappresentanti gli schienali di seggiola a rocchetto: ci troviamo di fronte ad una figurazione (nessuno dubita, né deve farlo, sulla natura degli oggetti rappresentati) ma il concetto ispiratore dell'opera è quello proprio di una iterazione di moduli, di una tipica astrazione. L'esigenza di contemplare ed unificare due momenti della pittura che fino a ieri (o fino a oggi?) si sono presentati in antitesi: figurazione ed astrazione, è avvertito dai ricercatori più sottili e sto per dire che proprio Cesare Bruno, se proseguirà in una certa direzione e la porterà alle ultime conseguenze, indicherà una nuova via alla pittura contemporanea.
(Adele Menzio, Torino Arte, novembre 1975)